Il Jamboree visto con gli occhiali di un’esploratrice
Condivisione e fratellanza attraverso un paio di occhiali
Prima di partire per la Corea, mi sono chiesta cosa potessi portare da
scambiare, oltre a distintivi, foulard e spille, che di fatto rappresentavano
solo il mio paese, la mia associazione e il mio gruppo scout, ma non me stessa La mia idea era quella di portare qualcosa che rappresentasse il jamboree in sé e che fosse condivisibile con tutti senza una spiegazione necessaria, che quindi implicasse un linguaggio non verbale.
Perciò cosa portare se non un paio di occhiali? Li ho personalizzati
rendendoli unici per questa occasione, perché sopra ci ho scritto proprio “25th World Scout Jamboree”.
La principale occasione in cui ho avuto la possibilità di cominciare ad
usarli è stata proprio il cultural day.
In questa giornata ogni unità nel proprio sottocampo prepara cibo e
attività tipiche del proprio paese per diffondere, appunto la propria
cultura.
Per esempio il mio reparto ha preparato spaghetti al pomodoro e al pesto e attività relative ai diversi tipi di pasta italiana, provando per esempio a far indovinare i vari nomi ai ragazzi che arrivavano; poi disegnavamo il tricolore per diffondere i colori della bandiera italiana e abbiamo anche preparato 2 striscioni che rappresentassero l’Italia.
Inoltre si ha la possibilità di girare per i vari sottocampi al fine di provare cibo e giochi proposti delle altre nazioni.
Così il giorno del cultural day,e in generale quando avevo la possibilità chiedevo a scout di nazionalità diverse di fare una foto proprio con i miei occhiali, così c’era l’occasione di parlare, scambiare informazioni, usanze e mantenere le foto come ricordo indelebile, oltre alla semplice memoria.
Ed è proprio attraverso la memoria che posso ricordare la bellezza e l’unicità del jamboree perché quando arrivi non è mai come te lo ero immaginato, è sempre una sorpresa, uno scoprire, culture, mondi, tradizioni, felicità, incontri, scambi, e non solo.
Penso che sia stata un’esperienza indimenticabile, nonostante tutte le difficoltà iniziali che non sono state poche, perché tra il caldo, l’umidità, le punture di zanzare, il cibo (che era molto diverso rispetto a come siamo abituati), la condivisione, la dimensione internazionale e le amicizie di reparto che piano piano si sono rafforzate sempre di più; in
particolare il tutto accompagnato dalla musica, che unisce sempre le persone che si conoscano o meno. Il cantare uniti, essere spensierati, divertirsi, ridere e scherzare insieme crea un’atmosfera unica.
Quando ci si ritrova lì l’unico pensiero è vivere unicamente quel momento, non quello che succederà dopo e soprattutto ci si ritrova come in un mondo
distaccato dalla vita normale e per me questo è stato un enorme valore
aggiunto.
A parole è difficile spiegare qualcosa che vissuto è stato memorabile, ma
sicuramente i racconti, le foto, i video, gli scambi e ciò che abbiamo riportato a casa può far capire e incuriosire qualcuno che non ha avuto la
possibilità di vivere un’esperienza di questo tipo.
Viola Mailli 3^ reparto Elfi